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Anca dolorosa: patologie e trattamenti

Immagine di una radiografia che evidenzia la parte dolorosa dell'anca.
Immagine di una radiografia che mostra la protesi inserita nell'anca.
Immagine di una persona anziana in riabilitazione dopo l'operazione.

ANCA

L’articolazione dell’anca è una diartrosi-enartrosi, formata dalla testa del femore, l’acetabolo ed il labbro glenoideo, legamento rotondo, il peri-trocantere e dalle cartilagini. Si tratta di un’articolazione sferica sottoposta a notevole carico, il più elevato di tutto il corpo ed è coinvolta nella maggior parte dei movimenti.
La testa femorale di forma sferica si trova sulla parte superiore nel femore. È rivestita con una cartilagine liscia e ad ogni movimento scivola all’interno dell’acetabolo anche questo rivestito con uno strato spesso di cartilagine. Una capsula articolare racchiude l’articolazione dell’anca e insieme ai muscoli, tendini e legamenti circostanti stabilizza la testa del femore nell’acetabolo quando si muove. ll rivestimento interno della capsula articolare produce un fluido viscoso, noto come «liquido sinoviale». Questo nutre la cartilagine articolare e ne preserva l’elasticità, mantenendo allo stesso tempo uno spazio fra le due ossa dell’articolazione. In questo modo, il movimento è fluido e indolore. La testa femorale e la cavità acetabolare sono rivestite di cartilagine.

SINTOMI

Il dolore all’anca è locale (dovuto all’attrito dei due capi articolari), vivo al mattino, si attenua durante l’attività funzionale e si riacutizza dopo l’affaticamento. La sintomatologia è subdola e tardiva, presenta un’evoluzione a cronicità con fasi di attenuazione o remissione.
Le patologie coinvolte in questo tipo di trattamento possono essere di varia natura, fratture del femore, coxoartrosi (molto frequente, di natura ereditaria, spesso correlata all’età, al peso corporeo, soggetti con osteoporosi e colpisce soprattutto le femmine), anca displasia o normale.
Se la diagnosi viene fatta precocemente, è possibile ottenere un buon risultato.

TRATTAMENTO

Quando l’usura dell’articolazione è compromessa e si hanno blocchi articolari, viene trapiantata la protesi d’anca. Le protesi sono fatte di un materiale compatibile con il nostro organismo (metallo, polietilene o ceramica) e sono resistenti ai traumi.

ARTROPROTESI

La terapia chirurgica si chiama artroprotesi, ossia la sostituzione completa dell’articolazione dell’anca che riproduce anatomicamente e funzionalmente l’articolazione danneggiata.

RIABILITAZIONE FUNZIONALE

In primis bisogna risolvere la sintomatologia dolorosa, evitare l’uso eccessivo ed i traumatismi sulle articolazioni interessate.
Terapia fisica: calore, massaggi, ginnastica funzionale nelle fasi iniziali sia prima dell’operazione (per una miglior riuscita dell’intervento chirurgico) sia postoperatorio.

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Quando è necessaria la protesi?

Immagine che ritrae la protesi d'anca scomposta nelle sue componenti.
Immagine di una radiografia che mostra la protesi inserita nell'anca.
Immagine del dottor Alvise Marton che effettua un controllo post operatorio ad un paziente.
Immagine del dottor Alvise Marton che effettua un controllo post operatorio ad un paziente.

La protesizzazione totale dell’anca è divenuta il trattamento più efficace nelle patologie degenerative per la risoluzione del dolore e delle limitazioni funzionali. Indicata quando risultano inefficaci i trattamenti conservativi come i farmaci, la terapia fisica o riabilitativa o quando la funzione articolare risulta gravemente compromessa da non soddisfare le necessità del paziente.

Il dolore cronico all’articolazione dell’anca può risultare invalidante per persone di ogni età, rendendo difficile e doloroso lo svolgimento di normali atti quotidiani come indossare le calze, allacciare le scarpe, alzarsi da una sedia e camminare anche solo per brevi tragitti. La principale causa di dolore cronico è rappresentata dal deterioramento della cartilagine, la cui funzione è quella di rendere scorrevoli le superfici articolari. La causa più frequente di deterioramento della cartilagine è rappresentata dall’artrosi; altre cause sono le artriti; la necrosi asettica della testa femorale; postumi di fratture; la displasia congenita dell’anca.

Una protesi d’anca è un’articolazione artificiale realizzata in lega metallica (generalmente di titanio) accoppiata con materiali plastici o ceramiche, che sostituisce l’anca ammalata, eliminando la fonte del dolore in modo efficace e permanente. Il punto cruciale di una protesi d’anca è l’accoppiamento articolare che rappresenta il vero cuore dell’impianto e ne determina la durata. La mobilizzazione asettica causata dai detriti liberati nell’articolazione dall’usura delle componenti è attualmente la complicanza più frequente che determina lo scollamento dell’impianto e la necessità di revisione.

Le protesi di ultima generazione, rendono disponibili accoppiamenti articolari con materiali che offrono un’alta resistenza all’usura e grande stabilità articolare. Con le componenti in ceramica è possibile ridurre ulteriormente l’usura e la liberazione di particelle, questo è tanto importante quanto più giovane ed attivo è il paziente. Ogni accoppiamento articolare presenta comunque dei lati negativi che non sono ancora risolti, in particolare per gli accoppiamenti ceramica su ceramica la fragilità intrinseca del materiale espone al pericolo di rotture con necessità di revisione dell’impianto.

La moderna chirurgia dell’anca con una tecnica mini invasiva che rispetta i tessuti muscolari minimizzando il sacrificio osseo oltre a ridurre in maniera importante la cicatrice chirurgica, offre ulteriori notevoli vantaggi come diminuzione del dolore post-operatorio; minor perdita di sangue; riduzione significativa del rischio di lussazione; precoce ripresa delle attività quotidiane; ridotta degenza ospedaliera; riabilitazione in tempi brevi.

Normalmente il paziente effettua in regime di Day Hospital tutti gli esami necessari e un pre deposito di sangue per un’eventuale autotrasfusione. Dopo l’intervento, la degenza media presso il reparto è di 4 giorni. Il paziente viene in seguito trasferito al reparto di rieducazione funzionale ove e si dà inizio a una terapia rieducativa personalizzata che può continuare a domicilio.

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La protesi d’anca? La posiziona il robot

Precisione millimetrica in ortopedia grazie all’impiego del robot Rio Mako-Plasty: per la prima volta nel Padovano, è stata impiantata il 10 luglio scorso al Policlinico di Abano Terme su un paziente – un sessantenne residente nel territorio – una protesi d’anca servendosi di questa tecnica robotica importata dagli Stati Uniti. Al tavolo operatorio il chirurgo ortopedico Alvise Marton e il robot Rio. “I risultati” afferma il Policlinico “sono molto incoraggianti: l’impianto di protesi tramite il sistema robotico è infatti 3 volte più accurato rispetto alla tecnica manuale e permette un risparmio di sostanza ossea che si traduce in una duttilità maggiore della protesi stessa. Questo strumento offre al chirurgo la soluzione per il trattamento di pazienti per i quali un tempo non esistevano cure adeguate. Così facendo, si riducono i tempi di recupero post-operatorio e i tempi di ricovero (5/6 giorni di ospedalizzazione complessivi). Teoricamente Rio Mako può essere impiegato su tutti i tipi di pazienti che necessitano di protesi d’anca, ma le procedure sono più lunghe, più articolate (e più costose) rispetto a un’operazione tradizionale.
Questo perché l’intervento viene preventivamente studiato a tavolino, ovvero il chirurgo tramite personal computer “insegna” al robot dove e come inserire la protesi sul corpo di quello specifico paziente, basandosi sullo studio del suo osso fotografato mediante Tac (l’osso viene cioè visualizzato in modello tridimensionale). L’operazione quindi è anticipatamente definita in tutte le sue parti e “ufficializzata” al computer, prima che in sala operatoria. Poi il chirurgo, una volta al tavolo operatorio con davanti il paziente, non farà altro che “calare nella realtà” l’intervento già deciso in ogni suo minimo dettaglio, grazie anche ad alcuni sensori posizionati sull’osso che consentono al robot di “leggere” come il paziente è posizionato sul lettino. Rio Mako, avendo memorizzato l’intero iter chirurgico su software, nel caso il chirurgo uscisse dal percorso prestabilito è pronto a intervenire in presa diretta, bloccando il braccio meccanico. I tempi di intervento sono più lunghi dello standard in quanto, all’operazione vera e propria (1 ora e mezza, circa) bisogna aggiungere la preparazione al computer (un’altra ora).
RIO_Knee
Il robot Rio era già in dotazione al Policlinico di Abano da quattro anni, utilizzato finora per la protesica al ginocchio. Per adottarlo in chirurgia protesica d’anca Alvise Marton ha seguito uno specifico corso di formazione, allenandosi su pazienti-manichini”. «Il robot Rio Mako – spiega Marton, forte di 25 anni di esperienza in ortopedia, 2.000 protesi impiantate nella sua carriera, di cui 1.200 negli ultimi 7 anni ad Abano – permette al chirurgo di lavorare con maggiore precisione e in modo meno invasivo, garantendo al paziente migliori risultati in termini di ripresa della mobilità e controllo del dolore. I vantaggi operativi sono evidenti poiché si svincola il medico dall’utilizzo degli strumentari manuali». (Fonte: www.panoramasanita.it)
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5° Congresso di Traumatologia Ortopedica

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Cinque anni incominciano a significare qualcosa, almeno per noi, nel panorama dei congressi nazionali ed è certamente un motivo di malcelato orgoglio essere giunti ad organizzare la quinta edizione di un evento che ha come unico argomento la traumatologia pediatrica. Una patologia sicuramente che occupa una “nicchia” nel campo della traumatologia dell’adulto. Il nostro orgoglio aumenta se pensiamo che il nostro sforzo organizzativo è il frutto del lavoro delle persone che operano in un unico dipartimento ospedaliero e non è il Congresso espressione di una Società Scientifica. Tutto ciò ha ricevuto il riconoscimento di qualità da parte della nostra Società di riferimento, la SITOP, ma ancor più importante è che la nostra Società Madre, la SIOT, ha riconosciuto e premiato, fino ad oggi, la qualità scientifica dell’evento che abbiamo confezionato concedendoci il suo Patrocinio. Segno evidente che il contenuto del Congresso di Traumatologia Pediatrica spicca nel pur ricco panorama dell’offerta degli eventi formativi italiani.

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Il ginocchio doloroso: patologie e trattamenti

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Dolore al ginocchio
L’articolazione del ginocchio è la più complessa ed ampia dello scheletro umano. Mentre le superfici articolari sembrano identificarla come un’articolazione estremamente mobile, l’apparato ligamentoso, ad essa connesso, ne riduce i movimenti alla sola flessione ed estensione.Risulta anche di difficile classificazione: per i rapporti articolari che si stabiliscono tra femore e tibia, presenta caratteri simili alle condilartrosi ed ai ginglimi angolari (o trocleari); per i rapporti articolari tra femore e patella, invece, presenta caratteri simili alle artrodie. Ad essa partecipano il femore, con i suoi condili e con la superficie patellare, la rotula (o patella) e la tibia, con le sue superfici condiloidee. Il perone, invece, non partecipa alla formazione dell’articolazione del ginocchio, articolandosi solo con la tibia e parzialmente con………………………………………………………………..

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La spalla in artroscopia

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I tennisti sono tra gli sportivi a rischio di lesione alla spalla
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Durante l’operazione una mini sonda viene inserita nella spalla per monitorare gli eventi
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La riabilitazione post-operatoria è indispensabile per recuperare il 100% della funzionalità
La patologia della spalla è, dopo quella del collo e della schiena, la più frequente malattia dell’apparato locomotore per la popolazione mondiale.
Interessa entrambi i sessi senza esclusione d’età: è presente nei giovani sportivi (soprattutto atleti che svolgono attività che implicano lanci con l’arto superiore come per esempio nel tennis, pallavolo, basket) o in esiti traumatici da incidenti stradali automobilistici o motociclistici.
Andando avanti negli anni il fenomeno ha una base fondamentalmente artrosica degenerativa per cui i primi sintomi iniziano verso i 30-40 anni per proseguire a fasi alterne fino all’anzianità. Ogni anno migliaia di persone si sottopongono alla chirurgia artroscopica: inizialmente dedicata all’articolazione del ginocchio, successivamente grazie alle innovazioni tecnologiche ed all’evoluzione della ricerca scientifica, questa tecnica chirurgica si è dedicata ad altre articolazioni tra cui quella della spalla.
Eseguita da un chirurgo specialista ortopedico, questa procedura innovativa può alleviare i dolori e migliorare la qualità della vita. Se con il chirurgo avete deciso che il trattamento artroscopico sia il migliore per il vostro caso, questo………………………….
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La chirurgia computer assistita nelle protesi di ginocchio

Nell’ attuale chirurgia ricostruttiva del ginocchio i modelli protesici e la tribologia garantiscono curve di sopravivenza molto più lunghe. Nessun impianto di protesi totale, però, è in grado di ricreare una normale biomeccanica articolare. Un accurato posizionamento delle componenti protesiche rappresenta un importante fattore nella chirurgia protesica del ginocchio. Infatti, diversi autori hanno dimostrato che la percentuale di mobilizzazione delle protesi di ginocchio, dopo 10 anni, saliva esponenzialmente nei casi di allineamenti maggiori di 4°, in associazione a cattivi bilanci legamentosi.
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La chirurgia computer assistita (CAS), la cosiddetta navigazione, capitolo fondamentale della chirurgia robotica, è stata introdotta, negli anni ’90, in ambito ricostruttivo-ortopedico, come la possibilità di utilizzare sofisticati algoritmi matematici, elaborati da un computer, per consentire al chirurgo di determinare tridimensionalmente le componenti protesiche di un impianto articolare, permettendo così posizionamenti accurati ed un continuo feed-back dal sistema. Fondamentalmente, i sistemi attualmente disponibili possono essere divisi in image-based, che prevedono l’esecuzione di TAC pre-operatorie o scansione in scopia, ed image-free, senz’altro i più utilizzati, in grado di acquisire direttamente in sala operatoria i dati necessari per la navigazione. Gli Autori presentano l’attuale stato dell’arte della navigazione nella chirurgia protesica del ginocchio, analizzando i sistemi disponibili, con i relativi vantaggi/svantaggi, oltre ai risultati personali, forti di un’ esperienza di oltre 600 impianti, con quasi tutti i sistemi in commercio. Inizieremmo con una considerazione di carattere generale. Dopo 10 anni, la chirurgia computer assistita stenta ancora ad essere utilizzata su larga scala.
Questo, a nostro avviso, è dovuto al fatto che, finora, abbiamo sbagliato gli interlocutori. Questa tecnologia è molto più utile ai principianti che non agli esperti, alle nuove generazioni, avvezze al computer, piuttosto che ai Primari allergici al planning preoperatorio ed allo strumentario invadente. Inoltre, la moderna chirurgia ortopedica, in ambito ricostruttivo articolare, in questi ultimi anni, ha raggiunto percentuali di successo, inteso come curva di sopravivenza , ben superiore al 90%, a medio termine, sia per l’anca che per il ginocchio. Ciò è stato possibile grazie alla continua evoluzione degli impianti e delle tecniche chirurgiche, frutto di una ricerca verso una ricostruzione il più “anatomica” possibile della nuova articolazione. Tuttavia, se in termini di survivorship i risultati sono stati buoni, altrettanto non si può dire per la ricostruzione di una biomeccanica articolare “naturale”.Infatti le attuali protesi, soprattutto per quanto riguarda il ginocchio, non sono ancora in grado di ripristinare una biomeccanica articolare sovrapponibile alla normale, pre-patologia, ma ne producono una nuova, frutto del design protesico.
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In questi ultimi anni, grande attenzione da parte del mondo ortopedico è stata posta a carico di tutti quei possibili miglioramenti tecnologici, in grado di migliorare ulteriormente le “performances” dei nostri impianti articolari. In tempi in cui internet ha rappresentato una rivoluzione epocale, anche la chirurgia ha posto la sua attenzione nei confronti di queste tecnologie sperando di riuscire ad ottenere un ulteriore sviluppo dei propri risultati. La chirurgia computer assistita (CAS), in ambito ricostruttivo-ortopedico, è stata definita come la possibilità di utilizzare sofisticati algoritmi matematici, elaborati da un computer, per consentire al chirurgo di determinare, tridimensionalmente, le componenti protesiche di un impianto articolare.

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Il caso delle protesi DePuy nel mondo

L’importante è non fare allarmismi, ma come le protesi al seno Pip (Poly Implant Prothès) prima e quelle d’anca Depuy dopo hanno dimostrato, è molto utile fare informazione. Cerchiamo allora di approfondire soprattutto questo secondo aspetto, che non ha avuto il clamore (tardivo) mediatico delle protesi al seno. Nell’agosto del 2010 la società DePuy Orthopaedics  del colosso americano Johnson & Johnson , ha inviato alle strutture sanitarie, ai medici e agli organi istituzionali preposti, di tutto il mondo (Italia compresa), una nota di richiamo di due tipi di protesi d’anca, modello ASR, distribuite e dunque impiantate tra il 2003 ed il 2010.
Nel documento la società spiegava di aver ricevuto i dati del Registro Nazionale delle Articolazioni dell’Inghilterra e del Galles (National Joint Registry NJR) in cui si evidenziava un tasso di revisione (ovvero di difetto e dunque re-impianto per il paziente) di circa il 12 % a 5 anni di follow- up, causati da disallineamento della protesi, dislocazione, rottura della stessa, frattura dell’osso, dolore e sensibilizzazione al metallo. Un tasso troppo alto rispetto al previsto e dunque la necessità di ritirare il prodotto dal commercio. Non solo. Nel medesimo documento si invitavano i singoli ospedali/ chirurghi ortopedici a ricontattare i pazienti impiantati per effettuare un controllo, atto a verificare lo stato della protesi d’anca e la salute degli stessi interessati attraverso un’ecografia ed esami del sangue per la ricerca di cromo e cobalto: si tratta dei materiali di cui sono abitualmente composte le leghe metalliche utilizzate in ortopedia, tollerate dall’organismo se in quantità minime, ma molto pericolose, tossiche, se presenti in concentrazioni elevate. Verifiche e controlli nel tempo sono stati stilati da un organismo internazionale e la DePuy si è detta pronta a sostenere tutti gli oneri economici del caso, compresa l’eventuale sostituzione delle protesi nei pazienti a rischio.
DePuy ASR artificial hips
DePuy logo

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Protesi d’anca: la scelta dei materiali

Immagine che raffigura le varie tipologie di protesi d'anca: Protesi di rivestimento, Protesi a stelo corto e Protesi classica.
Immagine di un chirurgo che mostra la parte della protesi che viene impiantata sull'anca, costituita da una sfera che ruota su di un perno.
Immagine di una sciatrice tornata allo sport dopo l'operazione.

La scelta dei materiali riveste un ruolo di importanza fondamentale. Essa va calibrata non solo sull’età del paziente, ma anche su molti altri aspetti quali sesso, peso, eventuali allergie, professione, attività sportiva e, naturalmente, patologia di base.

Classicamente la protesi d’anca ha una testa in Ceramica o Cromo-Cobalto con un cotile in polietilene ad alto peso molecolare. L’associazione ceramica/polietilene espone il paziente ad un rischio quasi inesistente di sensibilizzazione allergica o di rottura dell’impianto, ma per i pazienti più giovani è possibile pensare a soluzioni che offrano una maggiore durata: l’accoppiamento ceramica/ceramica che ha un’ottima resistenza all’usura; l’accoppiamento metallo/polietilene presenta caratteristiche di poco inferiori al ceramica/polietilene senza il rischio di rottura della ceramica; il metallo/metallo che ha un’ottima resistenza alle rotture ma presenta una relativa sensibilizzazione agli ioni metallo.

Esistono, naturalmente, anche delle soluzioni ad hoc per pazienti giovani che presentino controindicazioni a queste tre possibilità descritte.